Henri Cartier-Bresson è considerato uno degli esponenti più importanti, se non il principale, in campo fotografico meritandosi infatti l’appellativo “l’occhio del secolo”. Durante la seconda guerra mondiale fa parte della resistenza francese non interrompendo la sua attività anzi utilizzandola per documentare il dolore e le emozioni delle persone che incontra; fotografa la liberazione di Parigi nel ’45 sentendosi quasi in dovere di testimoniare la realtà della guerra. Possiamo certamente dire che le sue foto siano dei reportage senza alcuna volontà di critica morale o giudizio personale… è il semplice intento di riportare fedelmente uno scorcio di realtà a guidare gli scatti dell’artista.
“l'avventuriero che è in me si sente obbligato a testimoniare le cicatrici di questo mondo con uno strumento più rapido del pennello”.
Da piccolo appassionato di pittura a curioso giovane fotografo itinerante , impugna la sua Leica ed il suo fedelissimo 50mm (rarissimamente sostituito con “ i fratelli maggiori”) e inizia il suo primo viaggio tra Francia, Spagna, Italia e Messico.
“Osservare lì dove gli altri sanno solo vedere!! “
Questa citazione racchiude l’essenza di Bresson che con le sue foto cerca di riprodurre fedelmente ciò che un occhio umano dovrebbe cogliere di fronte a un’immagine, un suo scatto si propone come un’ immediata prospettiva quanto più possibile simile alla visione dell’occhio dell’osservatore , cercando così di dare allo spettatore di un suo scatto la sensazione di penetrare all’ interno della realtà immortalata… come se avesse assistito a quel momento. Secondo Bresson il fotografo deve “solo” aspettare il momento esatto in cui la realtà si rivela per ciò che veramente è, l’essenza.
“Per quel che mi riguarda, fare foto è un modo di urlare, di liberarsi... è un modo di vita”
Appassionato di cinema collabora con il regista Renoir prima della guerra , e finito il conflitto dirige lui stesso un film documentario sul ritorno in patria dei prigionieri dal titolo “Le Retour”. In questo periodo viene a sapere che il MOMA di New York vuole dedicargli una mostra postuma….ma lui è vivo!! Prende quindi contatti con il famoso museo e dedica più di un ’anno all’organizzazione dell’esposizione.
Nel 1947 fonda quella che diventerà la più importante agenzia fotografica del mondo insieme ai suoi amici Robert Capa, David “Chim” Seymour, Geroge Rodger, William Vandivert che lui stesso ama definire “un gruppo di avventurieri mossi da un’etica”: la Magnum Photos . Precedentemente Henri era legato al laboratorio Picto che era nato dall’ incontro con Pierre Gassmann (quest’utlimo fondatore di Picto); questo laboratorio conserva ancora oggi in una blindatissima cassaforte tutti i negativi del nostro Bresson.
Bresson è un narratore del mondo, infaticabile viaggiatore ha una filosofia che si discosta molto dalla sete di gloria sensazionalistica cercata e bramata dei suoi colleghi e che si concentra invece su un messaggio molto più profondo. Si scaglia fortemente contro le didascalie che accompagnano spesso le foto poiché ritiene che le foto non debbano essere spiegate ma debbano parlare da sole! Le didascalie invece manipolano il significato di ciò che viene rappresentato e che, in fondo, può essere interpretato in modo personale da ognuno di noi . Le didascalie cambiano il senso delle immagini dice lui stesso , perché la stessa immagine può dire cose differenti ad ognuno di noi!
“Lasciamo che le foto parlino da sè... le immagini non hanno bisogno di parole, di un testo che le spighi, sono mute, perchè devono parlare al cuore e agli occhi".
Anche nei ritratti Bresson cerca di raccontare sempre una storia , di farla raccontare al suo soggetto. Motivo per cui cerca di non “ferire il soggetto con l’occhio vitreo della macchinetta” ma di immortalarlo con lo sguardo altrove, intento a vivere normalmente la sua quotidianeità.
A metà anni 60 Cartier comincia ad allontanarsi un poco dalla fotografia. Lascia la Magnum e si dedica sempre più al disegno ed alla pittura. Sembra questo quasi un percorso consapevole, un passaggio dall’impulsività dello scatto alla ponderatezza della pittura sempre volto alla rappresentazione della realtà.
“Il tuo occhio deve cogliere la composizione o l’espressione che la vita ti offre in quel momento, e devi sapere quando fare click. È in quel preciso istante che il fotografo diventa creativo… il momento. Una volta che lo hai perso, se n’è andato per sempre”
“Il momento decisivo” è un libro molto importante per comprendere la mentalità dell’artista e descrive il suo modo di fare fotografia oltre a raccogliere alcune delle sue foto più belle ed importanti.
Curiosità: questi sono solo alcuni dei personaggi famosi fotografati da H.C.B.
Balthus, Albert Camus, Truman Capote, Coco Chanel, Marcel Duchamp, William Faulkner, Mahatma Gandhi, John Huston, Martin Luther King, Henri Matisse, Marilyn Monroe, Richard Nixon, Robert Oppenheimer, Ezra Pound, Jean-Paul Sartre ed Igor Stravinsky.
Buona luce a tutti!
Posted by: Serena Latini
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